Tra passato e presente, alla scoperta delle chiese meno conosciute di Roma
Le chiese, uno dei tanti e infiniti simboli di Roma. Nella Capitale ce ne sono tantissime e ognuna, dalla più celebre alla meno conosciuta, ha la sua storia da raccontare. Oggi ve ne presentiamo di quei che se vi trovate a Roma non potete assolutamente perdere.
Santa Prassede – Situata nei pressi della Basilica di Santa Maria Maggiore nel rione Monti. L’entrata principale della Basilica, quasi mai utilizzata, si trova in via San Martino ai Monti. L’entrata laterale invece si trova sul lato destro dell’edificio in via di Santa Prassede, dalla quale prende appunto il nome. La chiesa fu fondata nel IX secolo da papa Pasquale I sull’antico “titulus Praxaedis” della fine del V secolo. La chiesa prende il nome dalla Santa Prassede, sorella di Santa Pudenziana e figlia del senatore romano Pudente, discepolo di San Paolo. Un’antica leggenda narra che Prassede e Pudenziana sarebbero state uccise perché dedite a dare sepoltura ai martiri delle persecuzioni di Antonino Pio nei pozzi situati nel terreno di proprietà del padre. Bellissimi i mosaici presenti al suo interno soprattutto quello inserito all’interno della Cappella, talmente luminoso da essere chiamato “Il Giardino del Paradiso”.
Santa Maria in Ara Coeli – In origine era chiamata S. Maria in Capitolio questa chiesa che sorge sulla vetta più alta del Campidoglio e che al suo interno conserva una delle icone più venerate dal popolo romano: il Santo Bambino. Ogni 6 gennaio con quella piccola statua intagliata nel legno del Getsemani, viene benedetta la città. Purtroppo la statua attuale è una copia, l’originale infatti fu rubata nel 1994 è mai più ritrovata. La statua originale, alta sessanta centimetri fu scolpita nel legno d’olivo dell’orto del Getsemani alla fine del Quattrocento da un francescano che, per timore di rovinarla con una colorazione imprecisa, una sera, prima di addormentarsi, pregò il Bambino di ispirarlo; al risveglio trovò la statua prodigiosamente dipinta. Si racconta che le sue labbra diventassero rosse quando stava per essere concessa una grazia e pallide quando non c’era più speranza. Nell’Ottocento veniva portato ai malati in una sontuosa carrozza e ancora oggi continua a ricevere lettere dai bambini di tutto il mondo. In passato era già stato rapito due volte ma aveva sempre fatto ritorno.
San Carlo alle quattro fontane – Situata in via del Quirinale San Carlo alle Quattro Fontane è dedicata alla “Ss. Trinità ed a Carlo Borromeo”, il cardinale milanese del XVI secolo canonizzato nel 1620. La costruzione della chiesa fu affidata a Borromini ma richiese molto tempo, tanto che fu completata dal nipote nel 1667, lo stesso anno, cioè, in cui il grande artista si suicidò: per questo motivo la piccola cappella posta nella cripta, che era a lui riservata, rimase vuota perché i Trinitari non accettarono di ospitarvi un suicida e così il Borromini venne sepolto nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini. La chiesa è detta popolarmente S.Carlino per le sue ridotte dimensioni, tanto che si dice che sia grande quanto un pilastro della cupola di San Pietro.
Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio – Costruita nel V secolo sorge anch’essa nel rione Monti. Gestita fino al 1580 dai Paolini ungheresi, la chiesa da allora appartiene al Pontificio collegio germanico-ungarico in Roma. La basilica fu costruita su ordine di papa Simplicio (468-483) e la costruzione antica era ornata con mosaici e marmo. Purtroppo le decorazioni originali sono andate completamente perdute. L’edificio aveva pianta circolare, costituita in origine da tre cerchi concentrici: uno spazio centrale era delimitato da un cerchio di 22 colonne architravate, sulle quali poggia un tamburo; tale parte centrale era circondata da due ambulacri più bassi ad anello: quello più interno era delimitato da un secondo cerchio di colonne collegate da archi, oggi inserite in un muro continuo, mentre quello più esterno, scomparso, era chiuso da un basso muro. Ad oggi è stata eretta Basilica minore ed è la chiesa nazionale di Ungheria.
Sant’ Ivo alla Sapienza – Situata nel rione di Sant’Eustachio, fu realizzata nella seconda metà del XVII secolo (tra il 1642 e il 1660) dal Borromini. Per i suoi valori artistici, tecnici e simbolici, l’edificio è considerato come uno dei capolavori del suo architetto, del Barocco e della storia dell’architettura in generale. Sant’Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per il Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile già realizzati che lasciavano uno spazio grossolanamente quadrangolare molto limitato per far sorgere la chiesa. Il risultato finale è ottenuto con estrema purezza ed apparente semplicità: la pianta centralizzata, mistilinea, disegna una sorta di stella a sei punte, e le mura ne ricalcano il perimetro. Bellissima al suo interno la pala d’altare con Sant’Ivo patrono degli avvocati di Pietro da Cortona, incompiuta per la morte del maestro e terminata dai suoi allievi.